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Tony Benedetto e la sua Famiglia

Fratelli

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Gesù entra nel Tempio ancor più affollato che nei giorni precedenti. È tutto bianco oggi, nella sua veste di lino. È una giornata afosa. Va ad adorare nell’atrio degli Israeliti e poi va ai portici, seguito da un codazzo di gente, mentre altra ha già preso le migliori posizioni sotto i porticati, e la maggioranza sono gentili che, non potendo andare oltre il primo cortile, oltre il portico dei Pagani, hanno approfittato del fatto che gli ebrei hanno seguito il Cristo per prendere posizioni di favore. Ma un gruppo ben numeroso di farisei li scompagina: sono sempre arroganti ad un modo, e si fanno largo con prepotenza per accostarsi a Gesù curvo su di un malato. Attendono che lo abbia guarito, poi gli mandano vicino uno scriba perché lo interroghi. Veramente fra loro c’era stata prima una breve disputa, perché Gioele detto Alamot voleva andare lui ad interrogare il Maestro. Ma un fariseo si oppone e gli altri lo sostengono dicendo: «No. Ci è noto che tu parteggi per il Rabbi, benché tu lo faccia segretamente. Lascia andare Uria…». «Uria no», dice un altro giovane scriba che non conosco affatto. «Uria è troppo aspro nel suo parlare. Ecciterebbe la folla. Vado io». E, senza ascoltare più le proteste degli altri, va vicino al Maestro proprio nel momento che Gesù congeda il malato dicendogli: «Abbi fede. Sei guarito. La febbre e il dolore non torneranno mai più».
2«Maestro, quale è il maggiore dei comandamenti della Legge?». Gesù, che lo aveva alle spalle, si volta e lo guarda. Una luce tenue di sorriso gli illumina il volto, e poi alza il capo, essendo a capo chino perché lo scriba è di bassa statura e per di più sta curvo in atto di ossequio, e gira lo sguardo sulla folla, lo appunta sul gruppo dei farisei e dottori e scorge il viso pallido di Gioele seminascosto dietro un grosso e impaludato fariseo. Il suo sorriso si accentua. È come una luce che vada a carezzare lo scriba onesto. Poi riabbassa il capo guardando il suo interlocutore e gli risponde: «Il primo di tutti i comandamenti è: “Ascolta, o Israele: il Signore Dio nostro è l’unico Signore. Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze”. Questo è il primo e supremo comandamento. Il secondo poi è simile a questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non vi sono comandamenti maggiori di questi. Essi rinchiudono tutta la Legge e i Profeti». «Maestro, Tu hai risposto con sapienza e con verità. Così è. Dio è Unico e non vi è altro dio fuori che Lui. Amarlo con tutto il proprio cuore, con tutta la propria intelligenza, con tutta l’anima e tutte le forze, e amare il prossimo come se stesso, vale molto più di ogni olocausto e sacrificio. Molto lo penso quando medito le parole davidiche: “A Te non piacciono gli olocausti; il sacrificio a Dio è lo spirito compunto”». «Tu non sei lontano dal Regno di Dio, perché hai compreso quale sia l’olocausto che è gradito a Dio». «Ma quale è l’olocausto maggiormente perfetto?», chiede svelto, a bassa voce, lo scriba, come se dicesse un segreto. Gesù raggia d’amore lasciando cadere questa perla nel cuore di costui che si apre alla sua dottrina, alla dottrina del Regno di Dio, e dice, curvo su lui: «L’olocausto perfetto è amare come noi stessi coloro che ci perseguitano e non avere rancori. Chi fa questo possederà la pace. È detto: i mansueti possederanno la terra e godranno dell’abbondanza della pace. In verità ti dico che colui che sa amare i suoi nemici raggiunge la perfezione e possiede Dio».
3Lo scriba lo saluta con deferenza e se ne torna al suo gruppo, che lo rimprovera sottovoce di aver lodato il Maestro, e con ira gli dicono: «Che gli hai chiesto in segreto? Sei anche tu, forse, sedotto da Lui?». «Ho sentito lo Spirito di Dio parlare sulle sue labbra». «Sei uno stolto. Lo credi forse tu il Cristo?». «Lo credo». «In verità fra poco vedremo vuote le nostre scuole dei nostri scribi ed essi andar raminghi dietro quell’Uomo! Ma dove vedi, in Lui, il Cristo?». «Dove non so. So che sento che è Lui». «Pazzo!», gli voltano inquieti le spalle. Gesù ha osservato il dialogo e, quando i farisei gli passano davanti in gruppo serrato per andarsene inquieti, li chiama dicendo: «Ascoltatemi. Voglio chiedervi una cosa. Secondo voi, che ve ne pare del Cristo? Di chi è figlio?». «Sarà figlio di Davide», gli rispondono marcando il “sarà”, perché vogliono fargli capire che, per loro, Egli non è il Cristo. «E come dunque Davide, ispirato da Dio, lo chiama “Signore” dicendo: “Il Signore ha detto al mio Signore: ‘Siedi alla mia destra fino a che non avrò messo i tuoi nemici a sgabello ai tuoi piedi’ ”? Se dunque Davide chiama il Cristo “Signore”, come il Cristo può essergli figlio?». Non sapendo cosa rispondergli, si allontanano ruminando il loro veleno. 
4Gesù si sposta dal luogo dove era, tutto invaso dal sole, per andare più oltre, dove sono le bocche del tesoro, presso la sala del gazofilacio. Questo lato, ancora in ombra, è occupato da rabbi che concionano con grandi gesti rivolti ai loro ascoltatori ebrei, che aumentano sempre più come, col passar delle ore, aumenta di continuo la gente che affluisce al Tempio. I rabbi si sforzano di demolire coi loro discorsi gli insegnamenti che il Cristo ha dato nei giorni precedenti o quella stessa mattina. E sempre più alzano la voce più vedono aumentare la folla dei fedeli. Il luogo, infatti, benché vasto tanto, formicola di persone che vanno e vengono in ogni senso…

Commento

Prendo per base la lettura di questo passo Evangelico che lego alla foto voluta all’inizio del post per dire: Ringrazio il Signore per avermi dato la possibilità di essere, di esistere, di avere l’opportunità di crescere e farmi le ossa su questa terra. All’inizio ero arrabbiato, me la prendevo con Dio perchè la vita che mi era stata data, la famiglia che mi era stata assegnata, non mi piaceva. Il papà, quando ero piccolo era per me praticamente inesistente mentre quando son cresciuto, dalla prima media in poi, quindi dai miei undici anni di età circa, era diventato il mio aguzzino, il mio tormento, una fonte di odio. Le mie sorelle una forza nemica alleate della mamma e che per salvarsi le spalle dal nostro comune tiranno, il più delle volte mi tradivano. Tra di loro si coprivano e proteggevano bene dal despota di casa. Mentre io ero praticamente il suo piccolo schiavo. Mi diceva, fa questo e fallo bene e andava via. Poi ritornava dopo che avevo fatto il lavoro che mi era stato comandato e puntualmente non andava bene, e li dipendeva dalla situazione, dal contesto. Potevano solo essere schiaffi e calci oppure si sfilava la cinghia dai pantaloni oppure mi percuoteva con il primo oggetto che gli capitava tra le mani. Mio padre.. un uomo davvero speciale. Lo maledivo. Maledivo il suo sangue che scorreva nelle mie vene e maledicevo me stesso. Maledivo Dio perchè me lo sentivo di non dover venire a vivere la vita perchè mi sarebbe venuto del male. 

Quel padre, ancora oggi non è cambiato affatto. Vecchio ormai non mi nuoce più ma aimè non è una brava persona. Non è da prendere in esempio davanti ai miei figli. Non sa essere un nonno, un marito nè un padre, nè un vicino di casa. Il mio dolore. Il mio primo nemico. Non si cambia un cuore cattivo semplicemente perchè egli non vuole cambiare il suo cuore. Ho paura di perderlo. Ma no, Dio è più forte di Satana, Dio è più forte della morte. Dio non serba rancore e ci insegna a fare altrettanto con la vita Evangelica del Figlio Suo Gesù. I farisei malvagi di questo racconto io li assomiglio tanto a mio padre. Duri di cuore, chiusi a tutti e a tutto fuorchè a ciò che potrebbe essere loro di interesse. 

Temevano di perdere gli scolari a loro fedeli. A loro non a Dio fedeli non facevano certo gli interessi di Dio. Quindi giudichiamo con saggezza i fratelli che Dio Padre ci ha messi accanto, amiamoli e perdoniamoli. Io perdono tutto a tutti compreso a mio padre. 

Dio vince! 

Vinca Dio anche nel tuo cuore.

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