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AutoBiografia – Nascita / Capitolo I

Oggi – Apr 27, 10AM  Pordenone Spilimbergo

autobiografia…

Nasciata 1974 

Come avviene la nascita di uno qualunque

Inizierò come nelle fiabe… C’era una volta, qualche tempo fa un bimbo, ma che ancor bimbo non era. Si trovava in un luogo bellissimo, tutto luminoso e pieno di futuri bimbi. Tutti erano intenti a giocare, a rincorrersi, a farsi gli scherzi e a essere felici. Quel bimbo no! Era estraneo a tutta quella gazzara, era dunque solitario, non giocava e non parlava con alcuno. Era lì. Pensava, che bello questo posto ma so che non ci resterò a lungo, so che le cose cambieranno e che per me non andrà proprio tanto bene, il posto dove andrò non mi darà questa gioia inesprimibile come quella che provo stando in questo luogo, tra le braccia del Padre. Un po si rattristava anche. Ma era tanto solo. Chissà come mai?

Pensava alla pace che ivi regnava e non si dava ragione di doverla perdere. Nella costante presenza di Dio egli godeva del dono della preveggenza e vedeva il suo destino. Triste destino. Non era per nulla contento dunque. Sentiva prossimo il momento della partenza, anche se in quel luogo il tempo non era. Non si sa quanto tempo da attendere. Ma prima o poi quel momento sarebbe giunto. Cercava di farsi coraggio. Ma invano. In un bel momento, ecco in quello sconfinato splendore di luce giungere da lontano una grande nave, maestosa. O che paura, o che sgomento, che fare? Tutti quei futuri bimbi si avvicinavano stupiti alla novità che arrivava, curiosi, ignari. Lui no, lui indietreggiava. Mentre gli altri 

andavano, lui si ritirava. Andò quindi a nascondersi dietro una grande pianta e attese. Intanto sulla nave, vuoi per istinto vuoi per curiosità tutti i futuri bimbi salirono. Ma la nave non partiva. Restava in attesa, come se sapesse che qualcuno mancava all’appello. Nulla però mutò e cioè la nave restò in attesa e il futuro bimbo solitario rimaneva nascosto. Ecco, la passerella ora viene issata e la nave parte col suo carico di futuri bimbi. Il piccolo bimbo che ancor bimbo non era esce dal suo nascondiglio e si fa avanti per vedere andar via la grande nave, stupito di guardarsi intorno e non veder nessuno e più ancora non sentir nessuno. Solo un assordante silenzio. Agitato da questa solitudine, continua a voltarsi a 

destra e a manca ed ecco, una sorpresa, un suo simile, ma tanto più alto di lui, con i capelli ricci ricci e tanto bianchi, molto bello, sereno, serio ma non arrabbiato, dirigersi verso di lui. Deve aver pensato di averla fatta grossa e che molto probabilmente questo signore lo avrebbe rimproverato. Rimane lì come pietrificato, è spaventato, non sa cosa fare, non sa come giustificare il suo atto. Attende. Ecco il signore molto simile a lui è ora vicino e gli parla, con serenità, con pace, con dolcezza, tanto che il solitario futuro bimbo si rinfranca e racconta tutte le sue perplessità. Il vecchio signore dopo averlo a lungo ascoltato benignamente risponde  e dice: Ecco sta in Pace, va! Andrà tutto bene e lo dice con un sorriso tale 

da non ammettere repliche. Il futuro bimbo, ora fortificato da quella certezza, rinfrancato da quelle parole ma più da quel sorriso beato si stringe nelle spalle e sussurra, vado! Non so come, non vedo navi ma salutato dal vecchio egli sparisce alla vista da quel luogo di Cielo. Ora sente un leggero turbinio di acque, come un onda leggera che culla e mette pace e un caldo tepore che rinfranca. Resta lì. E’ stato appena concepito nel seno materno, la futura madre non sa neppur di averlo in seno. Ma egli è. E’ un germe, ed egli è, e anche la sua anima è. Già formata nel seno di Dio essa ha dovuto lasciare la sua dimora per ora riposare in quel seno materno e si domandava ancora memore della Casa del Padre,

come sarà questa famiglia? La mamma certo mi vorrà bene ma incontrerò tante ostilità nel papà, questo è certo, lo so. Ebbene però, quel signore mi ha detto che andrà tutto bene e io in questa certezza, è uomo di Dio non può mentire, mi rifugio. Nove mesi da quel dì. Nove mesi bastano, a dimenticare da dove è venuto, anche se non del tutto, il ricordo della celeste dimora resterà sempre come ancora di salvezza a protezione della sua piccola barchetta che è la sua anima, legata come prigioniera al suo nuovo corpo che si forma e si trasforma nel seno materno. Ogni giorno, ogni momento una variazione, una differenza, una crescita e deve far fatica  a star dietro a tutte queste novità, non ne regge il passo

e dimentica la Casa del Padre, per dover imparare tutte quelle cose nuove che una carne testè formata comporta. La mamma ora si è accorta di lui, se ne accorge dal fatto che spesso sente una carezza che lo sfiora in quell’oceano di acque. Non so come sia, la mano non lo tocca eppur sente quelle carezze, sente quell’amore che la sua mamma gli dona, gratuitamente. Pensa, non deve essere poi così male, sento che la mamma già mi ama, forse mi sbagliavo. Forte di questa nuova certezza, si applica ad apprendere tutte le novità con maggior dedizione, non vuole deludere la sua mamma. Sente che ora il tempo è. Sente che esso passa e con esso egli piccolo germe, cresce, prende forma e peso, nota 

delle cose strane che si muovono davanti a lui, non le può vedere perfettamente, ma già comincia a intravedere in quell’oscuro oceano, sembra che con queste nuove cose si possa toccare ciò che lo circonda e cerca di portarsele vicino per poter meglio vedere e si tocca qualcosa, qualcosa di nuovo, ancora, ma cos’è? La sua testolina, piccolina, morbida, tanto grande, o ma quanto è grande e cos’è? Lo scoprirai, piccola dolce creatura del Signore altissimo. Lo scoprirai. Intanto il tempo scorre. Scopre delle cose verso il basso, molto simili a quelle verso l’alto, ma sono più grandi e non si muovono come quelle superiori, però ogni volta che le muove tutto il suo essere si muove, la posizione muta. Ed ecco 

scoprire nuove cose in quell’oceano, imparare nuovi movimenti, intravedere nuovi elementi dentro quel girovagare di acque instancabili. Il tempo continua a scorrere ed ora credo che tutto il suo essere anche se minuto, sia ben formato. Ben progettato sicuramente da chissà quale autore. Nota una cosa piuttosto singolare presente al punto dove sorgono quelle due cose che quando le muove gli fan cambiare posizione. E’ il sesso della creatura. Scoprirà poi a cosa serve. Data la pretuberanza direi che la piccola creatura sia un bel maschietto, certo lui non lo sa, ma comincia a scoprire il suo corpo, nota che non scopre più cose nuove, ma che tutto quello che ha, tutto quello che è, cresce e si irrobustisce

comincia a sentire dei rumori in lontananza, muove le braccia e le mani per prenderli pensando sia cosa materiale, ma non c’è nulla da prendere, solo un girare a vuoto in quel mare. Che strano, sembrava un grande oceano prima, ora non più. Percepisce una migliore padronanza dei movimenti, ma si muove sempre dolcemente quando sente quella mano di madre che lo sfiora, comincia a comprendere che quello che sente non è più rumore ma è la voce della sua mamma, che parla più intensamente proprio nel momento che si sente accarezzare. Che bella sensazione, pare che sorrida e che chieda, ancora mamma, carezzami ancora per favore. Che strano però, sente solo la voce della mamma,

non mai altre voci, non mai altro genere di carezze, ma non se ne cura più di tanto. Lui dorme, si muove, sogna, vive ormai dimentico del Cielo, ormai dimentico di quel luogo di Pace, di quel signore che gli aveva parlato, perfino dimentico delle sue paure. Troppo intento ad apprendere la vita di ora, a sentire la pesantezza del tempo che passa, la stanchezza del suo essere per quei movimenti che abbozza in mare, in questo mare che sembra ancor più piccolo adesso tanto da non sembrare più neppure un mare ma una vasca tutt’al più. Comincia quella vasca perfino a stargli stretta, cerca di stirarsi per allargare quel luogo, ma appena torna a rannicchiarsi quel luogo ritorna a stringersi. Uffa è proprio stretto quì! 

Il piccolo naufrago sente che ancora le cose stanno per cambiare, si sente crescere, diventare grande, prima era solo un germe in un oceano, ora è un essere in un contenitore d’acqua, stretto per giunta. Sente bene la voce della mamma, ella gli dice fra le carezze che il momento stà per giungere. Chissà cosa vorrà dire? Intanto si gira e rigira, trova una posizione più comoda e si addormenta placido. Si sveglia di soprassalto dopo un bel po. Sente una leggera pressione su di lui come se qualcosa lo risucchiasse, sente la mamma urlare, piangere, chiedere di qualcuno e rimanere delusa. Intanto questa aspirazione verso chissà quale luogo insiste e non intende dar tregua al piccolo naufrago.

Dove andare per trovare una posizione comoda, cosa bisogna fare per ottenere un pò di pace e riposare. Vuole dormire. E’ stanco. Ma nulla, non è tempo di riposare, nascere si deve. Ecco, una aspirazione più fiera e poi tanto freddo, cosa gli faranno mai, ha il capo congelato, sente un aria che prima non era, sente una pesantezza quando prima era tutto leggero, ora sente qualcuno che lo tocca, ma non sono le carezze della mamma, quelle mani sono troppo grosse e circondano la testa dai lati, tappano le orecchie morbide e tenerelle, per un momento non sente più nulla, ma tanto freddo su tutto il suo essere e poi un dolore sul retro della parte bassa del suo piccolo esserino  

che dolore, ecco, ha appena fatto un’altra scoperta, quando senti dolore strilli e piangi. E’ nato, dice il medico, pesa 3,1 kg e di lunghezza è 51 cm, sono le ore 5:00 AM del 30 Dicembre dell’anno 1974. Che nome gli diamo signora? La mia mamma dice, lo chiamo Antonio come il mio papà. Si chiamerà Antonio Benedetto. Tenga signora, se lo goda per un momentino, poi l’ostetrica se lo porterà via a lavare e vestire, lo rivedrà poi. Quello è stato il primo vero abbraccio della mia mamma, non l’avevo mai vista. Che bella che era la mia mamma, anche se stanca, sudata ma era tanto felice di avermi tra le sue braccia. Eravamo soli, io e lei. Avevo un papà? Non saprei dire. Per il momento era così e io mi godevo il mio attimo 

di pace con la mia mamma, il resto non mi importava. Siamo stati così, accoccolati solo per pochi minuti, ma mi sono bastati per sentire tutto l’amore che la mamma nutriva per me. Sempre bella la mia mamma, sempre forte, sempre paziente, sempre in attesa. Anche ora, attendeva di vedere il suo uomo, suo marito, ma lui non c’era. La mia mamma era sola, in un ospedale grandissimo, in una città grandissima e con tanti sconosciuti. Quando nacqui ero biondo oro, avevo la carnagione chiarissima, bianca come il latte, ero ben pasciuto e avevo gli occhi castani. La mamma mi ripeteva sempre che ero bellissimo. Taranto era distante 24 km circa da casa nostra e questo ancor sconosciuto papà vi aveva dovuto 

far rientro per motivi di lavoro. Qualche sera in quella settimana di ospedale è venuto a vedermi, arrivava sempre tardi, l’orario di visite era quasi terminato ed ecco spuntare lui, mi dava un’occhiata dal vetro della stanza neonatale e spariva, ritornava a Lizzano, alla sua casa e al suo lavoro. Per lui la mamma era un bagaglio che doveva portarsi dietro, un peso, un costo, ma questo l’ho scoperto anni dopo. Sempre per lui, il nato è un altro peso. 

Era nato uno qualunque…

Una settimana dopo è arrivato il momento di tornare a casa. Il neonato viene consegnato definitivamente alla Mamma una volta accertato lo stato di buona salute del nascituro e della neo mamma. Alla vigilia delle dimissioni ospedaliere il papà si era portato avanti coi suoi affari e aveva detto alla mamma che lui era impegnato al lavoro ma che questo non era certo un problema. In ospedale era stata ricoverata la cugina Mariuccia, figlia di zio Gaetano che aveva le dimissioni lo stesso giorno e quindi sarebbe ritornata al paese con lo zio. Potrebbe sembrare una bella cosa, ma non si era fatto i conti col problema, che lo zio Gaetano possedeva una Fiat 126 ed era venuto a prendere la figlia dall’ospedale con sua moglie.

La mamma quindi con un bimbo in braccio le dimissioni in mano e una valigia aspettava con santa pazienza le dimissioni della cugina, che arrivarono ormai in tarda mattinata, poi i quattro salirono a bordo della piccola utilitaria con bimbo e valigie per fare finalmente rientro alle proprie case al paese. Lo zio prima di salire in macchina fa un’osservazione alla mia mamma: ma non senti freddo con solo quella maglia addosso? La mamma gli dice di no e si procede. Ma cosa avrebbe dovuto dirgli? Che tuo nipote è un cretino e che si è portato il cappotto e i vestiti più pesanti perche nel piccolo armadietto della stanza d’ospedale non ci stavano e che si era dimenticato di portarli il giorno avanti

visto che già sapeva che dovevo venir via oggi con te zio? Ma lui deve lavorare, mica la moglie gli ha partorito un figlio? Mica siamo stretti in questo buco di macchina? No, la mamma, come al solito non se ne lamenta, tace, ma riflette e considera che questo uomo è totalmente privo di attenzioni verso di lei e verso i figli. E sempre così è stato. Per concludere in bellezza, arrivati a casa lo zio Gaetano scarica valigia, mamma e figlioletto e va via. Ma la casa è chiusa e le chiavi? Non sono in valigia, il papà non si fidava a lasciarli alla mamma in ospedale, allora ha pensato bene di tenersi le chiavi e di affidarle alla sorella Concepita che abita a un isolato da casa sua. Quindi, la mamma, si carica di valigia e piccolino e parte

a piedi e col freddo dei primi di Gennaio del 1975 alla ricerca delle chiavi di casa dalla zia Concepita. Tutti gli avvenimenti di questa mia prima settimana sulla terra sono un preludio alle condizioni di vita della mia esistenza in questa famiglia. Che Dio sia sempre con noi che ne abbiamo tanto bisogno!

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“La felicità è l’arte di non tenere mai in mente il ricordo di qualsiasi cosa spiacevole che sia passata.”


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